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mercoledì 4 gennaio 2017

Mps: un po' di chiarezza sull'aumento di capitale

Il D.L. n. 237 del 2016, al capo II, disciplina eventuali "interventi di rafforzamento patrimoniale" delle banche, cioè - nella pratica - di Mps.
Si tratta di un Decreto Legge, che dovrà dunque essere convertito entro febbraio, non tanto con le modifiche che vorrà il Parlamento (la cui sovranità è ormai inesistente), quanto con quelle che saranno imposte dalla Commissione UE.

Vista la sciatteria normativa che contraddistingue il testo, temo anzi che sarà l'occasione, per la burocrazia dell'Unione, di assestare un terrificante ceffone al governo italiano in generale ed a Padoan in particolare (che ultimamente, in particolare per colpa di Renzi, non ha rispettato le promesse fatte prima del referendum ai propri partner).
Ad andarci di mezzo, presumo, coloro che, in queste ore, stanno festeggiando un testo di legge che disattende, in toto, la disciplina comunitaria in materia di ricapitalizzazione bancaria nel rispetto delle norme sugli aiuti di Stato.
Se così non fosse, l'Unione Bancaria sarebbe morta e sepolta. Lo spero, ma ne dubito.

I. Premessa: breve riassunto del D.L. n. 237 del 2016

Il D.L. pone, per l'applicabilità del Capo II, una condizione oggettiva ed alcune soggettive.
Il Mef può - entro fine 2017- sottoscrivere nuove azioni o acquistare azioni già in circolazione di banche italiane, ma solo "al fine di evitare o porre rimedio a una grave perturbazione dell'economia e preservare la stabilità finanziaria", e comunque a condizioni di mercato, senza favorire l'emittente.
Dal punto di vista delle condizioni soggettive, invece, la banca:
- deve aver tentato di ricapitalizzarsi sul mercato, senza successo;
non deve aver compiuto irregolarità tali da giustificare la revoca dell'autorizzazione all'esercizio della propria attività,
- non deve aver subito o rischiare di subire "perdite patrimoniali di eccezionale gravità", tali da privarla "dell'intero patrimonio o di un importo significativo del patrimonio",
- non deve essere insolvente neppure prospetticamente.
In tutti questi casi, infatti, l'Istituto si considera in dissesto, e si impone la procedura di bail-in
Infine, la banca coinvolta in una ricapitalizzazione statale non deve diluire ulteriormente il proprio capitale, staccando dividendi, ricomprando azioni proprie o titoli ibridi, acquisendo nuove partecipazioni, e così via (art. 47, Comunicazione Commissione CE sulle banche del 31 luglio 2013).
Qui si pone il primo problemino.
Le Autorità di Vigilanza stanno conducendo una nuova ispezione dentro Mps, per cui - in caso in cui sia richiesta la ricontabilizzazione a sofferenze di notevoli quantità di incagli - il fabbisogno della banca potrebbe essere molto più elevato di quello calcolato sulla base degli stress test dello scorso luglio (5 miliardi di capitale, ovvero 8,8 considerando anche la sostituzione degli ibridi i quali, trasformati in capitale, non garantiscono più una quota aggiuntiva di fondi propri nel calcolo del Total Capital Ratio di Montepaschi).
Non solo: l'introduzione delle regole sulla risoluzione di cui alla Direttiva BRRD ed il mancato intervento dello Stato nei mesi scorsi, unitamente ai timori che 20 milioni di Euro non siano assolutamente sufficienti a mettere in sicurezza il sistema, hanno provocato una significativa emorragia di depositi da Mps, emorragia che - immagino - non terminerà qui.
Non vi è dunque alcuna certezza che, da qui a febbraio, Mps sia ancora prospetticamente solvibile.
A questo problema dovrebbe rispondere il Capo I del D.L. n. 237 del 2016: "al fine di evitare o porre rimedio a una grave perturbazione dell'economia e preservare la stabilità finanziaria... il Mef è autorizzato, fino al 30 giugno 2017 (cioè, in pratica, fino al termine della GACS), a concedere la garanzia dello Stato su passività delle banche italiane..." (art. 1, c. 1).
Tuttavia, anche in questo caso le condizionalità sono molte, tra cui l'impossibilità di concedere la garanzia - di norma - a passività che superino i fondi propri della banca a fini di vigilanza (Mps dovrebbe rastrellarne una quindicina entro un paio di mesi).
Poniamo comunque che tutte le condizioni di cui sopra siano rispettate. Il procedimento di ricapitalizzazione impone un'istanza della banca coinvolta al Mef, alla BCE e alla Banca d'Italia(art. 15), cui fa seguito la fissazione entro due mesi, da parte della BCE, dell'ammontare della ricapitalizzazione (art. 16).
A questo punto (art. 18), il Mef - d'intesa con Banca d'Italia - pubblica due D.M., l'uno con cui si dispone "l'applicazione delle misure di ripartizione degli oneri", cioè il burden sharing, l'altro con cui si regolano i prezzi e le modalità di sottoscrizione delle nuove azioni. Il primo D.M., tuttavia, presuppone una "positiva decisione della Commissione europea sulla compatibilità dell'intervento con il quadro normativo dell'Unione europea in materia di aiuti di Stato applicabile alle misure di ricapitalizzazione delle banche nel contesto della crisi finanziaria".
E qui sta il punto vero.
Il D.L. n. 237 del 2016, è compatibile con la legislazione europea?

II. Ulteriore premessa: modalità di applicazione del burden sharing al caso Montepaschi

L'art. 22, c. 2, del D.L. n. 237 prevede l'ormai consueta "cascata" nella ripartizione dei costi di salvataggio di una banca. In primo luogo, si ha la "conversione, in tutto o in parte, in azioni ordinarie di nuova emissione... degli strumenti di capitale aggiuntivo di classe 1..." (cioè gli ibridi tipo Fresh), quindi - "ove la misura... non sia sufficiente" - la "conversione in tutto o in parte, in azioni ordinarie di nuova emissione... degli strumenti e prestiti computabili come elementi di classe 2..." (cioè i subordinati), infine - sempre soltanto qualora ve ne sia bisogno - la "conversione... degli [altri] strumenti e... prestiti... il cui diritto al rimborso del capitale è contrattualmente subordinato al soddisfacimento dei diritti di tutti [gli altri] creditori...". Vi è infine la clausola di salvaguardia prevista dalla stessa BRRD: "nessun titolare degli strumenti e prestiti... [può] ricevere, tenuto conto dell'incremento patrimoniale conseguito dall'Emittente per effetto dell'intervento dello Stato, un trattamento peggiore rispetto a quello che riceverebbe in caso di liquidazione dell'Emittente, assumendo che essa avvenga senza supporto pubblico".
Tutto bene fin qui.
Il punto è però che la disposizione non affronta la questione fondamentale, rinviata ad apposito allegato tecnico. E cioè: quale valore avranno le azioni di nuova emissione oggetto della conversione? O, da altro punto di vista: a quante azioni di Mps avranno diritto coloro che si vedranno convertire i propri subordinati? La domanda si interseca con un'altra: a quale valore saranno concambiati i subordinati stessi? Al nominale? Al mercato?
La scelta del legislatore è nel senso di proteggere il più possibile i creditori di Mps (ancorché, come vedremo, molto male). Tuttavia, è innegabile, che proprio per questo motivo, è anche assolutamente confliggente con le disposizioni comunitarie.
Vediamo perché.
Iniziamo dal fondo: ai sensi dell'art. 23, "il valore economico reale da attribuire alle passività... emesse" da Mps è fissato  - per legge - pari o al 75% o al 100% del loro valore nominale, con esclusione del Fresh, prezzato al 18% del nominale. In sostanza, si tratta di un premio, rispetto ai correnti valori di mercato, tra il 50% ed il 100% (non a caso, i subordinati di altre banche "chiacchierate", tipo Carige, hanno segnato incrementi spettacolari negli ultimi giorni). Chi ha comprato bond da risparmiatori presi dal panico, magari intorno alla data del referendum costituzionale (presentata da Renzi e dai giornaloni come una specie di Armageddon), potrà dunque immeritatamente godere di una cospicua plusvalenza, anche in caso di trend ribassista piuttosto significativo sull'azione post aumento di capitale.
Ora, questa disposizione - oltre a rischiare di portare a risultati paradossali quando non del tutto iniqui, soprattutto laddove si verificassero casi in cui potrebbe rimanere non del tutto fugato il dubbio di utilizzo di notizie riservate - pare soprattutto in contrasto, tra l'altro, proprio con la Comunicazione sulle banche della Commissione del luglio 2013, espressamente richiamata dal D.L., dal momento che integra - per via normativa - una sorta di deflusso di fondi propri, vietata ai sensi dei punti 47 e 48 della citata Comunicazione.
Non solo: ai sensi dell'art. 19, c. 2, "entro 60 giorni dalla... pubblicazione del D.M...., il Ministero, in caso di transazione tra l'Emittente... e i [nuovi] azionisti..., può acquistare le [nuove] azioni... se ricorrono cumulativamente le seguenti condizioni: a) la transazione è volta a porre fine o prevenire una lite avente a oggetto la commercializzazione degli strumenti coinvolti nell'applicazione delle misure di ripartizione degli oneri... con esclusione di quelli acquistati da controparti qualificate...; b) gli azionisti non sono controparti qualificate...; c) la transazione prevede che l'Emittente acquisti dagli azionisti in nome e per conto del Ministero le azioni... e che questi ricevano dall'Emittente, come corrispettivo, obbligazioni non subordinate emesse alla pari dall'Emittente o da società del suo gruppo, per un valore nominale pari al prezzo corrisposto dal Ministero..., [aventi] durata comparabile alla vita residua degli strumenti e prestiti oggetto di conversione e rendimento in linea con quello delle obbligazioni non subordinate emesse dall'Emittente aventi analoghe caratteristiche..."
Tradotto: gli obbligazionisti retail che assumano di non aver avuto sufficiente contezza dei rischi insiti negli strumenti acquistati (in particolare, i 2 miliardi di Euro di Tier 2 emessi al momento dell'acquisto di Antonveneta) se li vedranno scambiati in obbligazioni senior, garantite dallo Stato, aventi scadenza 2018, tasso in linea con gli attuali standard di mercato, nominale pari a quello del subordinato stesso, al netto degli haircut di cui all'art. 23.
Notare che non si prende in considerazione, in alcun modo, la fondatezza della lite. In sostanza, più che di condivisione degli oneri si tratta di appropriazione dei guadagni (eventualmente - in caso di corso non significativamente rialzista dell'azione nei mesi successivi - a spese del contribuente).
Questo per quanto riguarda i bond holders.
Ma anche i vecchi azionisti non sono messi male.
L'Allegato al D.L. 237 del 2016 prevede infatti una complessa formula per la determinazione del prezzo di emissione delle nuove azioni, complessa formula che però, come per magia, nel caso in cui l'aumento di capitale superi di 10 volte la capitalizzazione di borsa dell'emittente (come, secondo le indiscrezioni di stampa, è il caso di Mps) si semplifica di molto: le nuove azioni saranno infatti emesse ad un prezzo pari alla media dei prezzi di chiusura delle vecchie azioni nelle trenta sedute di borsa precedenti al D.M. di cui all'art. 18 del Decreto Legge.
A oggi, se ho fatto i conti correttamente, circa 21 Euro, cioè più o meno il prezzo di chiusura del 16 dicembre e quasi il 40% in più dell'ultimi dato disponibile, del 22 dicembre (da questa data a oggi, il FTSE MIB settoriale banche ha fatto poco più del 2%). Poniamo anche che abbia fatto qualche errore di calcolo ed abbia ragione Equita SIM a stimare un valore dell'azione di 17,4 Euro, il discorso cambia poco: si tratterebbe comunque di un aumento a premio (non a sconto) del 16%.
Se poi si considera che il valore di borsa delle vecchie azioni Mps, fin quando è stato quotato, incorporava anche il fair value della tranche junior degli NPL che sarebbe stata assegnata gratuitamente ai soci, si ha l'esatta misura di quanto poco diluitivo (rispetto alle attese, cioè in termini relativi) sia l'aumento disegnato dal governo.
Al di là del caso concreto, poi, vi è l'ulteriore assurdità di una formula che prevede un fattore di sconto significativo, per le azioni di nuova emissione, rispetto al prezzo di borsa delle azioni già in circolazione, il quale tuttavia, oltre a non avere alcuna giustificazione teorica per quanto attiene la sua determinazione, a un certo punto addirittura si azzera per legge, senza possibilità di attestarsi a valori intermedi.

III. In soldoni. Cosa succederà poi.

Chiaro fin qui? Spero di sì.

Primo problema.
La richiesta di ricapitalizzazione statale deve passare per la preventiva "positiva decisione della Commissione europea sulla compatibilità dell'intervento con il quadro normativo dell'Unione europea in materia di aiuti di Stato applicabile alle... banche nel contesto della crisi finanziaria".
Quanto sopra, invece, è a mio avviso assolutamente in contrasto con la disciplina prevista dalla Commissione UE sin dal 2013 perché:
(i) non comporta alcuna perdita ulteriore per i vecchi azionisti rispetto a un "comune" aumento di capitale, anzi prevede un meccanismo di emissione delle nuove azioni a "premio" che di fatto permette un guadagno implicito a favore degli attuali soci, indipendentemente dai corsi di borsa del Monte dopo l'aumento;
(ii) è sostanzialmente premiale per tutti gli obbligazionisti subordinati, i quali patiranno il maggior prezzo delle azioni di nuova emissione (v. sopra) ma potranno contare su valori di conversione dei loro bond significativamente superiore ai corsi di mercato degli stessi;
(iii) il regime ulteriormente premiale di cui all'art. 19 per i possessori retail di titoli Tier 2 è giustificato dal fatto che gli stessi siano stati venduti in violazione delle norme a protezione degli investitori non specializzati, ma non impone - prima della sua attivazione - alcuna verifica della fondatezza di eventuali lagnanze da parte del singolo bond-holder.
Dunque, le cose sono due: o la Commissione impone una riscrittura in peius del D.L., oppure l'Unione Bancaria finisce qui. Poiché una delle due soluzioni è palesemente impossibile nelle condizioni date, si verificherà di necessità l'altra. Forse tu non pensavi ch'io loico fossi!

Secondo problema.
Il bond retail da oltre 2 miliardi è stato emesso da Mps nel 2008 e, da quella data, è passato di mano innumerevoli volte. Ora, obiettività vorrebbe che la clientela indennizzabile fosse quella in possesso del titolo al 12 giugno 2014 (data di entrata in vigore della normativa BRRD) così come previsto per i bond-holder di Banca Etruria.
Chi ha acquistato dopo da altri privati, ancorché non operatore professionale, ben sapeva in quale contesto si sarebbe mosso. Per non parlare poi di chi magari ha comprato a 50 centesimi a ridosso del referendum del 4 dicembre e che ora pregusta una succosa plusvalenza determinata soltanto dalla modifica in corsa del contesto normativo.
Ma il meccanismo sopra descritto implica, chiaramente, che le obbligazioni senior di nuova emissione siano attribuite al possessore attuale del bond subordinato. Per cui, delle due l'una: o saranno ammessi alla procedura soltanto possessori di "vecchia data" che non hanno ceduto il titolo, con buona pace di coloro che, presi dal panico, lo hanno svenduto un mese fa; oppure saranno ammessi tutti i retail attualmente in possesso dei subordinati, per cui chi lo ha svenduto un mese fa non solo subirà il danno, ma dovrà anche assistere alla beffa.

IV. Conclusione

Il solito pasticciaccio, le cui colpe affondano nel passato di tanti governi, ma che soprattutto devono essere imputate a chi ha sottoscritto gli accordi sull'Unione Bancaria (Letta e Saccomanni) ed a chi li ha resi effettivi nell'ordinamento dall'oggi al domani (Renzi e Padoan).
Della demenzialità di questo atteggiamento, in un contesto come quello italiano in cui i risparmiatori sono da sempre - al contrario che in altri Paesi - detentori di titoli bancari, è stato denunciato da Alberto Bagnai e da Claudio Borghi già anni or sono.
Oggi, meglio mai che tardi, si aggiunge anche Zingales, evidentemente infine di ritorno dagli Stati Uniti.


A questo post manca un ulteriore paragrafo, relativo alla cessione delle sofferenze. Di Atlante, come si vede, non si parla di più: si fanno addirittura tre ipotesi, ivi compresa una bad bank come quella più volte già vietataci dalla UE. Per ora però mi fermo qui: è talmente palloso quello che ho scritto che mi sono annoiato da solo.

Finirà, per forza, molto male (in attesa di Unicredit, Carige, e su su per li rami fino a Intesa, che pensa di essere al riparo dalla burrasca, ma sbaglia).

3 commenti:

  1. Buongiorno, e i miei migliori auguri per un 2017 ricco di soddisfazioni
    :-)

    >> unitamente ai timori che 20 milioni di Euro non siano assolutamente sufficienti a mettere in sicurezza il sistema,

    Direi che 20 milioni sono sicuramente insufficienti.

    :-)

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