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domenica 11 dicembre 2016

Montepaschi, l'ESM e la patrimoniale che verrà

Mi ero ripromesso di non parlare più del Monte dei Paschi, non perché non ne abbia voglia, ma semplicemente perché - pensavo - tutto era già stato detto. Che la cessione delle sofferenze in blocco ad Atlante ed il conseguente aumento di capitale da 5 miliardi di Euro (il piano Viola o, meglio, il piano Dimon, per intendersi) fosse cosa impraticabile era chiaro a tutti. Che qualunque possibilità non di risolvere, ma quantomeno di puntellare la banca passasse dalla conversione in azioni dei subordinati, era ugualmente intuibile dalle persone di buona volontà.


Chi, poi, aveva qualche competenza specifica, poteva addirittura arrischiarsi a prevedere le modalità di massima di questa conversione, e - probabilmente - azzeccarci (al netto dello stupro delle norme Mifid e della violenza psicologica ai disgraziati bond-holder).


Però c'è una questione importante da puntualizzare. E cioè che la stessa consapevolezza era anche in alcuni membri del governo, il Ministro Padoan in primis, i quali avevano già pronto, quest'estate, il decreto che probabilmente licenzieranno nei prossimi giorni.
Scrive Dagospia: "a dare il colpo di grazie sulle aspettative di Piercarlo Padoan di arrivare a Palazzo Chigi ci ha pensato Mario Draghi. La scelta della Bce di non concedere ulteriore tempo all'aumento di capitale del Montepaschi diventa una colpa per il ministro dell’Economia. Sebbene lui abbia fatta soltanto il prestanome di Renzi. Nei corridoi di via XX settembre era nota a tutti l'idea del ministro di intervenire con il sostegno pubblico per Mps. Ma a stopparlo è sempre stato il premierino, che aveva stretto un patto di ferro con Jamie Dimon, CEO di JpMorgan, e con Claudio Costamagna che lo aveva accompagnato a Palazzo Chigi".
Il suddetto premierino, nel frattempo, concedeva interviste situazioniste tipo questa.
Ora, a mio avviso la domanda fondamentale è: perché?
Perché Renzi - che è diventato premier quando già Montepaschi aveva un significativo problema di sofferenze, problema che lui ha peraltro contribuire ad aggravare in modo molto significativo introducendo il bail-in nel nostro Paese e dando degli NPL delle quattro banche risolte a dicembre una valutazione particolarmente bassa - ha deciso di ignorare i messaggi chiari del suo più importante ministro economico, affidandosi invece a un piano di salvataggio che sicuramente non avrebbe salvato nessuno (escluso il conto economico di chi glielo proponeva)?
Ognuno ha la sua risposta e io non pretendo di avere la verità in tasca. Ma, secondo me, la soluzione sta nella tempistica. Il bubbone, guarda caso, esplode subito dopo il referendum.
E questo succede, a mio avviso, perché Mps avrebbe dovuto rappresentare, nella strategia renziana, il bastone per il "sì" alla sua orrenda riforma costituzionale. La solita, vecchia, arcinota tecnica della paura: dei mercati, del bail-in, dell'ignoto, di qualsiasi cosa diversa dalle rassicuranti parole del premier ripetute urbi et orbi da tutti i canali televisivi. Detto in altri termini: da anni Mps è moribondo; Renzi l'ha scientemente ucciso per sfruttare a fine elettorali il lutto dei parenti.
Mi pare sintomatico che, fallito il tentativo di sfruttare il terrore delle folle (come nel Regno Unito, come negli Stati Uniti), il PD ripieghi su un patetico e grottesco piano B, secondo il quale tutto sarebbe andato bene (per noi), se anche il referendum fosse andato bene (per loro).
Ma... se nel quadro di una strategia politica si individua un "bastone", è probabile che non troppo lontano vi sia anche una carota.
L'articolo sopra citato di Dagospia continua: "era noto a tutti che i conti italiani fossero fuori linea. Ma Padoan aveva messo sul piatto della bilancia il suo nome e la sua parola per garantire che, una volta passato (e vinto) il referendum, il governo avrebbe introdotto i correttivi necessari durante l’esame della manovra al Senato. Renzi, però, ha pensato bene di dimettersi... Il risultato che la Commissione sta interpretando come il ministro dell’Economia non sia più in grado di rispettare la parola data. Per fair-play hanno chiesto che le correzioni dei conti pubblici su deficit e debito vengano prese entro marzo...".
Non so se è chiaro.
La legge di bilancio approvata da Renzi era uno specchietto per le allodole e le mancette elettorali erano destinate a sparire. Fortunatamente, l'aggravarsi del quadro politico e le dimissioni del premier hanno portato all'approvazione del testo così com'era, senza tante modifiche (peggiorative).
Come al solito, il ragazzo di Rignano aveva promesso senza voler, programmaticamente, mantenere; ed è paradossale che, per fare il gioco delle tre carte, contasse di utilizzare la seconda lettura di quel Senato che, a parole, voleva abolire (il tutto, va da sé, per obbedire supinamente a quella UE che, a parole, voleva combattere).

Basterebbe questo.
Ma qualcosa ancora stona.
Possibile che, veramente, gli occhiuti commissari europei si limitino a un rimbrottino e che se ne riparli, forse, a marzo?
L'altro giorno, ci siamo svegliati con lo scoop della Stampa
poi smentito un po' da tutti, compresi l'ESM e il Ministero dell'Economia.
Per tutta la mattina, onestamente sono stato nel panico. L'unica cosa che, a mente fredda, obiettivamente stonava di tutta la storia, oltre alla clamorosa incompetenza economica del giornalista che aveva firmato l'articolo, era la cifra irrisoria richiesta all'ESM.
Quindici miliardi, meno dell'1% del PIL. Quindici miliardi...
Magicamente, nelle ore successive, questi numeri iniziano a ripresentarmisi, sempre più spesso. Il 5 dicembre sono uscite le "pagelle" dell'Eurogruppo (quelle a cui si riferiva Dagospia nell'articolo citato sopra).
Come al solito, all'Italia spetta un cicchetto: "siamo d'accordo con la valutazione della Commissione secondo cui il bilancio è a rischio di non conformità... Prendiamo atto che secondo l'ultima valutazione della Commissione, lo sforzo strutturale dell'Italia nel 2017, per quanto riguarda la politica fiscale, impatterà per -0,5% del PIL, mentre è richiesto + 0,6% del PIL... Su questa base, sarebbero necessarie significative misure aggiuntive. Notiamo anche che una valutazione ex post delle linee esecutive del bilancio, che comprendono i costi aggiuntivi legati alla crisi dei rifugiati, le misure di sicurezza e i costi derivanti dai recenti terremoti, potrebbe permettere all'Italia di avere una minore, ancorché comunque significativa, deviazione dal percorso di avvicinamento al suo obiettivo a medio termine. Invitiamo pertanto l'Italia ad adottare le misure necessarie onde garantire che il bilancio 2017 sia compatibile con le norme del Patto di Stabilità e Crescita di natura preventiva. Il livello elevato del debito in Italia rimane un motivo di preoccupazione. Ricordiamo l'impegno dell'Italia ad utilizzare, nel 2017, entrate impreviste o risparmi di spesa imprevisti e intensificare gli sforzi in tema di privatizzazioni per portare il rapporto debito/PIL lungo un percorso discendente...".
Da -0,5% a +0,6% fa poco più di un punto di PIL. Per l'appunto, 15 miliardi di Euro mal contati. Ecco, allora, che non può che nascere un dubbio, anzi una consapevolezza.

I soldi all'ESM non servono per salvare Mps. Anzi, il salvataggio di Mps, o di qualche altra banca, serve per mascherare la richiesta dell'Unione Europea non soltanto, come al solito, di procedere sul solco delle privatizzazioni (che certo non risolvono alcunché a livello di bilancio, né migliorano la vita delle persone, ma in compenso ingrassano le tasche di chi si assicura i business più redditizi... a proposito: ora il business più redditizio rimasto in Italia è la sanità, gestita per lo più dalle Regioni... fate voi i collegamenti), ma anche o di tagliare selvaggiamente lo Stato sociale (che è la stessa cosa che privatizzare, ma i burocrati europei hanno tempo anche per cercare sinonimi) e, soprattutto, di introdurre nuove tasse.
L'idea è, questa volta, di non dare la colpa all'Europa, né ai tedeschi, ma a quegli zotici di italiani che hanno votato "no" al referendum. 

Qui c'è già tutto il programma del Governo Gentiloni. Allentamento della tensione sulle banche (fino a Basilea IV, quando salteranno definitivamente in aria e con loro l'Euro), cessione di qualche altro gioiello di famiglia (tanto questo è l'uomo che ha ceduto il mare più pescoso di Italia alla Francia), inasprimento della tassazione sugli immobili (via nuovo catasto) e sulle successioni (con l'applauso dei liberal imbecilli), se non bastasse patrimoniale.

Poi, un Paese impoverito, stanco, impaurito, probabilmente preda di tensioni sociali esorbitanti, andrà a votare.

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