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venerdì 25 novembre 2016

Il CNEL e l'imbarbarimento del messaggio politico

Quando studiavo, non c'era Organo costituzionale che mi stesse più sulle palle del CNEL.
Non capivo proprio cosa fosse: "è composto... di esperti e di rappresentanti delle categorie produttive, in misura che tenga conto della loro importanza numerica e qualitativa", "è organo di consulenza delle Camere e del Governo", "può contribuire alla elaborazione della legislazione economica e sociale secondo i principi ed entro i limiti stabiliti dalla legge". Ad uno studente di giurisprudenza del primo anno (per di più digiuno di nozioni macroeconomiche, oltre che di vita reale) sembra di leggere un testo di Averroè (ovviamente in lingua originale).
Nel corso degli anni, il mio giudizio non è cambiato. Per dire: De Rita, Larizza, Marzano sono tutti personaggi che non mi hanno mai ispirato particolare simpatia.
Però, come sempre mi accade, quando vedo sparare impenitentemente su un cadavere, mi si risveglia dentro il Francesco Ferrucci e sento la necessità di dissociarmi. Subito e nettamente.



Ma il rispetto dov'è finito? La correttezza istituzionale dove si è nascosta? La vergogna! Sei un politico di professione che non ha mai lavorato un giorno fuori dalle istituzioni - cosa peraltro commendevole, ci mancherebbe altro - e ti permetti di additare altri al pubblico ludibrio, di parlare di "casta", di "tagli di poltrone", di "enti inutili", di "politici"?
Concepisci una riforma della Costituzione inqualificabile, tutta volta a ridurre gli spazi democratici a favore delle istanze lobbistiche della grande finanza e dei tecnocrati dell'Unione Europea (che poi sono la stessa cosa), per raccattare una maggioranza parlamentare che te la voti ti inventi un diritto di veto perenne a favore delle Regioni a statuto speciale, disegni un sistema di elezione del nuovo Senato che non funzionerebbe neanche in un condominio, e te la prendi col CNEL?
Viene quasi da pensare che ci sia qualcosa di più. Che Matteo nostro, uno che notoriamente non porta rancore, non abbia apprezzato certe analisi.

E comunque è troppo facile parlare solo per slogan. Per macchiette. Troppo facile offendere, insinuare, polemizzare, fingere, spararla più grossa possibile. L'unica risposta possibile a questo comportamento anti-istituzionale è allora quello di Giorgia Meloni, l'altra sera, da Vespa, che dopo essere stata annoverata fra gli eletti di Forza Italia (e non nelle liste di Alleanza Nazionale, Partito delle Libertà e Fratelli d'Italia) si inalbera leggermente, e spiattella nel muso al nostro amato Presidente un bel "bugiardo".


Ma alla sullodata puntata di Porta a Porta è successo anche di peggio. Il Ministro della Salute, Beatrice Lorenzin, quella che ha elaborato i nuovi Livelli Essenziali di Assistenza (LEA) scordandosi però la relativa copertura, e che pertanto - così, per sicurezza - ha partorito in clinica privata, si è lanciata in un triplo salto carpiato con avvitamento verbale, collegando direttamente il sì alla riforma costituzionale e migliori cure ai malati di diabete.
E non era la prima volta.



Il Ministro fa intendere che le cure si livelleranno verso l'alto, ma non spiega dove le Regioni, che hanno come obiettivo il pareggio di bilancio (art. 97 attuale) e che devono essere, nella loro gestione, "virtuose" (artt. 119 nuovo), prenderanno le necessarie risorse. Metteranno ticket, chi può pagherà (o si farà l'assicurazioncina alla Unipol, ché non si sa mai), chi non può si curerà meno, mentre lei all'Ospedale S. Pietro una cameretta la troverà sempre.
Soldi dallo Stato, neanche a parlarne...


Campagna elettorale sulla pelle dei malati. Il peggio del peggio, incommentabile. Per questo mi affido ad alcune riflessioni scritte da chi ha idee completamente diverse dalle mie (per esempio in materia di aborto), ma mette bene in evidenza la bassezza di chi crea false speranze in soggetti per definizione deboli, esponendoli alla disillusione o - peggio - alla disperazione.

Allora, in fine dei conti, quello che resterà per sempre imputato a Renzi non sarà tanto il Jobs Act, o la Buona Scuola, o tutte le altre disposizioni che hanno distrutto il sistema giuridico e sociale di questo Paese, quanto piuttosto di aver distrutto - in una Nazione storicamente divisa, a partire dalle date fondative della Repubblica - l'unico punto di sintesi condiviso, cioè la Costituzione. Che passi il sì o che passi il no, dal 5 dicembre sarà la Costituzione di alcuni, non più di tutti.

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