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giovedì 13 ottobre 2016

L'abolizione delle elezioni (ancora sul Senato renziano)

Vi ricorderete che Renzi, da poco insediatosi a Palazzo Chigi, decise - col piglio da leader che lo contraddistingue - di eliminare le Province. O meglio, per usare un'espressione intellettualmente disonestissima che tanto gli piace ultimamente, di abolire le Province elettive.


Certo, il titolo non è chiarissimo nel dire che le più grandi di queste fantomatiche province, più che essere estinte, semplicemente cambiano nome, prendendo quello - certo più à la page - di "città metropolitane", ma non si può pretendere tanta precisione da un giornalista. E poi, insomma, 15 città metropolitane rispetto a più di 100 province, dai... è un bel colpo!
Oddio, proprio a dirla tutta, senza revisione costituzionale queste benedette Province restano in vita, ma svuotate di competenze, per carità, senza più essere centri di spesa.
Infatti, ecco la versione primavera-estate del Corriere.


Dunque, le Province esistono: se al prossimo referendum del 4 dicembre vincerà il sì, saranno del invece del tutto abolite, escluse le 15 Città metropolitane, che resteranno intatte, proprio grazie alla precedente riforma (fatta per eliminarle) del governo che ha ora proposto la nuova riforma (anch'essa fatta per eliminarle).
Non ci avete capito nulla? Tranquilli, è normale. Anzi, è fatto apposta.
Comunque, le Province esistono: e meno male che esistono. Sono talmente necessarie, almeno allo stato attuale, che il governo assegna loro più soldi, e le Regioni le confermano, sia pure in maschera. Anche dopo il 4 dicembre ci saranno enti intermedi, che con ogni probabilità prenderanno il nome - neanche tanto fantasioso - di "aree vaste".
Riforme inutili, quindi?
Non proprio, perché la legge del 2014 il risultato che effettivamente si prefiggeva l'ha raggiunto. Per le Province non si vota più.
Meglio: gli elettori non votano più.
Le elezioni, invece, si fanno ed a votare sono sindaci e consiglieri comunali del territorio (che eleggono altri sindaci, sempre del territorio, o al massimo i presidenti di Provincia uscenti).
Siccome i "grandi elettori" sono politici, ed i politici rappresentano chi li ha votati, questi signori hanno pensato bene di copiare in tutto le elezioni a suffragio universale, soprattutto per quanto riguarda l'astensione.
Alle recenti elezioni di Roma e Bologna non ha votato quasi un quinto degli aventi diritto, a Milano oltre un quarto, a Torino più di un terzo.
Ora, facendo il "combinato disposto" (Renzi dixit) del voto ponderato (consiglieri e sindaci dei comuni più popolosi hanno un peso maggiore nelle votazioni), del sistema maggioritario a doppio turno con ballottaggio utilizzato nei Comuni con più di 15.000 abitanti e dell'astensione esagerata sopra ricordata, si capisce come il risultato di queste elezioni e la volontà popolare non abbiano assolutamente nulla in comune.
In alcuni casi, le liste che hanno ottenuto, nei vari Comuni formanti la Provincia, la maggioranza assoluta dei seggi, neppure sono entrate nel Consiglio provinciale.
Per avere un così perfetto sistema, ovviamente bisogna averci studiato.
Quello del Senato è lo stesso.
Ora, io domando: ma veramente voi volete che l'Organo costituzionale che vigilerà sull'applicazione del diritto e delle politiche europei, cioè dell'80% di tutta la legislazione interna, nonché degli orientamenti che più pervasivamente influenzeranno la nostra vita, sia eletto in questo modo assurdo, che non solo vi priva della possibilità di esprimere la vostra opinione, ma che anzi è scientificamente pensato per giungere a risultati divergenti da quelli che avrebbe raggiunto la liberà espressione della volontà popolare?
Se veramente volete questo, il 4 dicembre votate convintamente sì.
Ve lo meritate.

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