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lunedì 26 settembre 2016

Il Jobs Act funziona!

Il Jobs Act - o, per meglio dire, il pacchetto formato dalla Legge Fornero e dai Decreti derivanti dalla Legge delega nota come Jobs Act - funziona.
Su questo punto, è necessario consentire con la BCE, che infatti, dopo averlo disonestamente imposto


lo ha anche disonestamente lodato.
Dico disonestamente perché il fine del Jobs Act (così come della Legge Fornero) non è certo una maggiore occupazione, ma - semplicemente - un incremento significativo della precarizzazione volto ad una compressione non marginale dei salari.
Che ad interessarsi della materia sia proprio la BCE non sorprende, dal momento che la svalutazione del lavoro consegue all'impossibilità della svalutazione della moneta.



(Se capite il perché, bene, altrimenti potete tranquillamente andare su goofynomics e imparare lì. Se poi non riuscite neppure a vedere il nesso tra precarietà e deflazione salariale, leggete almeno questo).


Dunque, il Jobs Act funziona.

Funziona perché ha eliminato dal diritto del lavoro i diritti dei lavoratori. E lo ha fatto obliterando ogni specificità di questa branca del diritto, sempre più portato a rientrare nei parametri del diritto comune (quello, di stampo liberale, in cui tutti i soggetti economici si trovano sullo stesso piano, il pensionato come la multinazionale, per capirsi).
Che poi la Costituzione sia innervata del principio lavorista, "non... [per] negare completamente valori 'cardine' dei sistemi precedenti, ma [piuttosto per assire come] non sia più accettato che essi possano essere predominanti sulle esigenze di rispetto della personalità e della dignità dell’uomo", è un dettaglio che ormai - con una Corte i cui giudici sono Amato, Barbera o Prosperetti - può ritenersi del tutto secondario.

Alcuni esempi.

Il contratto di lavoro individuale a tempo indeterminato, in particolare dopo l'approvazione dell'art. 18 dello Statuto dei Lavoratori nella sua formulazione originaria, si poneva come contratto dotato di speciale stabilità, in qualche modo "perpetuo" se confrontato alla vita lavorativa del contraente.
Con la Legge Fornero, che ha stravolto questa norma, e poi con il Jobs Act, che l'ha superata, le cose non stanno più così.
Oggi il contratto di lavoro è in sostanza un contratto di diritto comune: se non ha termine, è liberamente recedibile, per giusta causa senza risarcimento ovvero ad nutum salvo indennizzo (i casi ancora previsti di reintegro sono penose foglie di fico). Nel contratto a tutele crescenti, questo indennizzo è addirittura prefissato, per la tranquillità di tutti.
Tra lavoratore e impresa, soprattutto grande impresa, mi sembra abbastanza ovvio di chi si avvantaggi di questo ritorno all'antico.

L'art 4, c. 1, dello Statuto dei Lavoratori vietava "l'uso di impianti audiovisivi e di altre apparecchiature per finalità di controllo a distanza dell'attività dei lavoratori".
Per la verità, il comma in questione lo vieta ancora. Soltanto, che, semplicemente, è una petizione di principio del tutto falsa.
Infatti il comma 2 aggiunge che "la disposizione di cui al comma 1 non si applica agli strumenti utilizzati dal lavoratore per rendere la prestazione lavorativa e agli strumenti di registrazione degli accessi e delle presenze", avendo cura di aggiungere che "le informazioni raccolte... sono utilizzabili a tutti i fini connessi al rapporto di lavoro, a condizione che sia data al lavoratore adeguata informazione delle modalità d'uso degli strumenti e di effettuazione dei controlli...".
In altri termini: i controlli a distanza sono vietati, esclusi tutti quelli che possono essere realizzati mediante tracciatura di PC, tablet e smartphone aziendali. Senza dimenticarsi badge, apriporte automatici, telecomandi di garage aziendali, et similia.
Secondo il prof. Ichino, si sarebbe trattato di una bazzecola.
Io, invece, scrissi qualche riga un po' più preoccupata.
Oggi si legge questo.
In sostanza: ai fini delle norme applicabili al contratto, la multinazionale e tu siete sullo stesso piano, come quando concludi un contratto di acquisto di un chilo di pane dal fornaio; però, durante il rapporto, la suddetta multinazionale può mettere su un controllo degno di un servizio segreto per sapere se davvero lavori e come, cosa che - temo - risulti difficile dal panettiere.

Si potrebbe continuare a lungo, parlando di demansionamento, smart working, fino al vero punto di arrivo di questa terrificante deriva: la fissazione di un salario minimo che - nonostante il suo nome - in una situazione di depressione economica si trasformerà immediatamente nel salario medio.
Ma il punto è un altro.
Il punto è la totale mancanza di un principio personalista che tuteli la persona nella sua fondamentale dignità di essere umano. Dignità che, ovviamente, non è tanto e solo "libertà di" (aggiungete un po' voi il diritto cosmetico che preferite), quanto piuttosto - e principalmente - "libertà da". Dal bisogno, dalla malattia, dall'indigenza, dalla disperazione. A questo fine, la sicurezza di un lavoro retribuito in modo dignitoso (artt. 4 e 36, Cost.) è condizione assolutamente necessaria.
In questo senso, con la morte nel cuore vorrei riproporre un vecchio post, suggeritomi da una sentenza delirante della Cassazione.
...volevo segnalare agli happy few la recente Cass., sez. lavoro, 18 novembre 2015, n. 23620... Secondo gli Ermellini, a base del potere di licenziare per giustificato motivo oggettivo vi è "la necessità di ristrutturazione aziendale e la conseguente soppressione del posto spettante al lavoratore poi licenziato", anche se tale riorganizzazione, "realizzata con la soppressione di uno o più posti di lavoro, persegue... il fine di evitare perdite o incrementare il profitto". Infatti... al "controllo giudiziale sfugge necessariamente anche il fine, di arricchimento o di non impoverimento, perseguito dall'imprenditore..., considerato altresì che un aumento del profitto si traduce non, o non solo, in un vantaggio del suo patrimonio individuale, ma principalmente in un incremento degli utili dell'impresa, ossia in un beneficio per la comunità dei lavoratori"....
La Cassazione, sia pure nello stile paludato e concettoso che le è proprio, sembra voler mettere in guardia i lavoratori. Attenzione, si legge infatti tra le righe della sentenza, che il licenziamento di uno, potrebbe essere la salvezza di altri, perché in tanto saranno mantenuti i posti di lavoro, in quanto l'imprenditore potrà aumentare, a suo piacere, il proprio profitto. Dunque, si inferisce, non è il caso di solidarietà tra lavoratori, o di fronti condivisi di lotta; piuttosto ciascuno si rifugi nel suo particulare, applichi il detto mors tua vita mea... e vada avanti.
Se i lavoratori vogliono mantenere qualche diritto, o provare a riprendersi quelli già persi, devono invece recuperare la propria coscienza e dignità di classe in un periodo storico in cui le classi sociali sono state abolite per decreto, devono comprendere quali sono i loro interessi comuni (che sono, in gran parte, coincidenti con quelli di... professionisti, artigiani - evasori per definizione, sempre secondo certa stampa - e piccoli o medi imprenditori), devono identificare chi ha invece obiettivi incompatibili con il proprio benessere (e sa, tra l'altro, perseguirli molto bene).
Insomma. Più solidarietà. Meno narrazione. E anche un po' di palle.
Questo ci vuole. Lo si capisce anche dalle sentenze della Cassazione.

venerdì 16 settembre 2016

La devastazione bancaria europea

Montepaschi resta al centro dell'attenzione per la nomina ad Amministratore Delegato di Marco Morelli. A scandalizzare sono per lo più le modalità con cui è maturata la designazione: prima, Viola è giubilato da Padoan, su incarico di Renzi, per compiacere JP Morgan, che ormai più che garantire un aumento di capitale dispone della banca (o del governo?) come fosse cosa propria; quindi, l'individuazione di Morelli da parte di una società di cacciatori di teste, che chissà quanto ha incassato per fare la foglia di fico a disposizioni venute da ben altri lidi. Morelli, uomo di punta in Italia e in Europa di Merrill Lynch, ma già Vice Direttore Generale di Intesa Sanpaolo e ancora prima a JP Morgan Europa e quindi a proprio a Mps.
Non si è fatto mancare niente, il nuovo Amministratore Delegato. Ha comprato Antonveneta, ha rimediato anche una bella multa da Banca d'Italia.
Quello che è passato un po' più sotto silenzio è il ruolo del personaggio all'epoca bella di Mussari, l'uomo nero del Monte. Morelli, oltre a essere Vice Direttore Generale, è stato a lungo anche Amministratore Delegato di Mps Capital Services, cioè il soggetto giuridico del gruppo che erogava credito alle imprese.
Che erogava credito. Alle imprese. Credito - alle - imprese.
Comunque, mentre succede tutto questo, Atlante - che sarà una operazione di sistema ma intanto si fa gli affari suoi - ha stanziato un mezzo miliardino per ricapitalizzare la Popolare di Vicenza, in modo da permettere alla banca di vendere quasi 2 miliardi di sofferenze a 25 centesimi.
Il che fa molto pensare.
Se la Popolare di Vicenza vende le sofferenze a 25 centesimi, è credibile che Mps le venda a 35, come previsto dal piano talmente sponsorizzato da Viola da essere mandato via con ignominia? E se mezzo miliardo di Atlante se ne va in Veneto, con che cosa le compra Penati le tranche mezzanine del Monte? Oppure crede ancora di fare 3 miliardi di commitment?
Dunque, la cessione delle sofferenze non è più così sicura.
L'aumento, invece, è slittato.
A "dopo il referendum", indipendentemente da quando si tenga.
In questo modo, tutte le banche di affari americane hanno un autunno intero per ricattarci.
Tante volte non bastasse Fitch...
... o un ambasciatore.
Va da sé che si tratta di previsioni con lo stesso grado di attendibilità di quelle che presagivano le cavallette e un paio di glaciazioni, in caso di Brexit, nel Regno Unito (il cui attuale ottimo stato di salute sta dando molto phastidio a più di un sé dicente intellettuale).


Sempre nello Stivale, mentre Montepaschi si avvita su se stessa, è rimandata di giorno in giorno (ora siamo a fine settembre) la vendita delle 4 good bank nate dal vergognoso decreto di fine anno del nostro beneamato governo.
Queste banche sono talmente buone che le poche offerte ricevute in passato sono state rifiutate perché troppo basse, mentre ora - almeno secondo quanto si legge sulla stampa - vi sarebbe sì un interesse di BPER e di UBI, ma condizionato a una riduzione del prezzo in caso di "scoperta" di nuove sofferenze, alla certezza di aver "mano libera" per la riduzione del personale, alla prestazione di una garanzia statale tramite CDP.
Poi ramazziamo anche la stanza, per dirla col poeta.
Al solito, non mi sembra peregrino ipotizzare l'intervento del Fondo Interbancario di Garanzia dei Depositi, che dopo tutte queste operazioni (a partire da quella di Cesena) evidentemente non potrà garantire più nulla.

Dice: certo che in Italia il sistema bancario va maluccio... Ma negli altri Paesi? Tralasciamo la Grecia o il Portogallo (che rappresenta una clamorosa mina vagante di cui nessuno però, chissà perché, parla): come va nell'Europa core?

Nel resto d'Europa va malissimo. Il sistema bancario è tutto al collasso. E perché? Perché per tenere appiccicata alla meglio una moneta che si sgretola ogni giorno di più si è condannato un intero Continente alla stagnazione economica, oltre che alla completa stasi finanziaria (grazie ai tassi a zero).

La Germania, ora che è cambiata la linea editoriale e per non essere costretti a dire che l'Euro non funziona si è comunque autorizzati a parlar male del padrone tedesco, è da tempo all'onore delle cronache.

Siccome tutte e due stanno molto male - Deutsche Bank per gli enormi rischi finanziari e legali presi, Commerzbank per la compressione degli utili dovuta alla politica dei tassi nulli - ovviamente si pensa di risolvere la questione con una bella fusione.
Poi siccome la migliore difesa è l'attacco, ecco la stoccata alla BCE...
...forse rea di non aver aperto, come qualche mese fa, una linea ELA a favore di DBK, in modo da poter tranquillizzare i mercati.
Ma non finisce qui.
Prendo spunto da un interessantissimo articolo tradotto da voci dall'estero, che nota come “Deutsche Bank stia cercando di vendere almeno un miliardo di crediti [su sei totali] per alleggerire la propria esposizione verso un settore, [quello dei crediti commerciali marittimi], i cui creditori stanno finendo sotto scrutinio sempre più attento da parte della Banca Centrale Europea".
Perché? Semplice.
Il commercio mondiale langue. Di conseguenza, le spedizioni marittime vanno maluccio. Le banche esposte, soprattutto quelle tedesche, avendo margini sempre più risicati per la demenziale politica dei tassi zero, rischiano di andare a gambe all'aria.


Ma se Deutsche Bank sta male, a Brema stanno pure peggio. La Landesbank di lì, è esposta verso lo shipping in maniera imbarazzante ed ha necessità di una significativa ricapitalizzazione. Per tale motivo, circa un mesetto fa il Ministro delle Finanze di Brema aveva disinvoltamente dichiarato che la banca avrebbe beneficiato di una cospicua iniezione di denari freschi, da parte non solo del principale azionista (la banca NordLB), ma anche degli altri soci, pubblici: la città di Brema, l’associazione delle casse di risparmio della Renania Settentrionale-Westfalia, nonché lo Stato della Bassa Sassonia.
I mercati hanno reagito bene. A Bruxelles hanno fatto uno sbadiglio e una scrollata di spalle. Unicuique suum.
Poi è successo qualcosa. "Si sarà svegliata la Vestager!", direte voi. Ovviamente no, si tratta solo di beghe politiche interne. Copio pari pari il sopra citato articolo di ZeroHedge: "in un articolo... del giornale tedesco Handelsblatt, intitolato 'Gli aumenti di capitale per le Landesbank in difficoltà sono discutibili', è scritto che 'i crediti deteriorati verso il settore delle spedizioni hanno creato grosse difficoltà alla Landesbank di Brema, e la banca non è più in grado di sopravvivere senza l’aiuto del governo, ma al momento attuale un’iniezione diretta di capitale da parte dello Stato della Bassa Sassonia appare improbabile'... Secondo il presidente della Bassa Sassonia, Stephen Weil, 'un aumento di capitale da parte dello Stato e da parte della città di Brema in favore della banca in difficoltà è, al momento, irrealistico... Il metodo classico, cioè che i partner attuali forniscano essi stessi il capitale necessario, non sembra funzionare'... L’improvvisa caduta della Landesbank di Brema dalle grazie del bail-out sembra l’ultimo atto di un conflitto politico, perché, come nota Handelsblatt, Weil stava rispondendo ai commenti del suo collega Carsten Sieling (socialdemocratico) che escludeva un supporto di capitale per la Landesbank di Brema...".
Non tutto è perduto, però. L'amico americano, con il consueto pragmatismo di quel popolo, continua infatti l'articolo con una fine analisi politologica e istituzionale sul funzionamento del sistema dell'Unione Europea: "a dire il vero è possibile che una soluzione si trovi. La Merkel dovrebbe concedere il salvataggio tramite bail-out non solo alla Landesbank di Brema, ma anche a una banca italiana, dato che le due andrebbero mano nella mano".
A meno che, per compiacere gli elettori teutonici, drogati da vent'anni di bugie e propaganda, Angela non decida di sacrificare anche "una dei loro".


In Germania, no. In Italia, no. In Portogallo, no. In Grecia, Dio ci liberi. porteremo i soldi in Svizzera. Sì, ecco...
Secondo i principali analisti finanziari, UBS, Credit Suisse e Julius Baer si trovano tutti al centro della c.d. "tempesta perfetta".
I clienti stanno progressivamente riducendo i propri rischi, scelgono prodotti con margine più basso e continuano nel deleveraging dei loro portafogli, i tassi sono molti bassi, i ricavi ricorrenti pertanto si assottigliano fortemente.
A questo si aggiunga che sia Julius Baer, sia soprattutto Credit Suisse, hanno sviluppato piani piuttosto aggressivi di ampliamento, andando ad incidere pure sul livello dei costi.
Che ora, inevitabilmente, dovranno essere tagliati. Con lacrime e sangue.


Anche nel Regno Unito, dove - nonostante l'invasione delle cavallette e due glaciazioni una di seguito all'altra a causa del voto sulla Brexit - l'economia va piuttosto bene, qualche problemino finanziario, dopo la crisi terrificante di qualche anno fa, anche oggi si inizia a porre.
Intanto, ci sono i soliti problemi legali, connessi al fatto che si tratta pur sempre di banche anglosassoni, che come si sa hanno nello Statuto una deroga espressa al rispetto delle leggi nazionali (sono o non sono cross-border?). Poi ci sono Paesi che possono imporsi un minimo, e altri che devono accettare il fatto, senza fiatare. Ma questo è un altro discorso.
(Non solo anglosassoni, ovviamente...
...).
Tuttavia, lì il problema maggiore pare essere stato creato dalla Banca d'Inghilterra, che ha di recente avviato un massiccio programma di acquisto di bond corporate denominati in sterline (10 miliardi massimo). Se l'operazione ha permesso alle imprese - prima fra tutte Vodafone - di emettere titoli a prezzi particolarmente bassi, è possibile che, anche nel breve termine, deprima a tal punto i rendimenti obbligazionari da mettere in difficoltà il margine di interesse sia le banche, sia degli altri operatori finanziari (fondi pensione in primis).
La BOE giustamente copia la BCE. E crea la medesima situazione insostenibile. Il che, tutto sommato, riconcilia con l'idea che in fondo l'economia è davvero una scienza.

Ovviamente, per chi l'applica con onestà intellettuale.

martedì 6 settembre 2016

Taaaaaaacccc! (il metodo Juncker applicato al diritto del lavoro)

Imagine a pot filled with cold water. A frog is quietly swimming in it. The fire is lit under that pot. Water starts warming up. Soon it becomes lukewarm. The frog finds this rather pleasant and keeps swimming. The temperature keeps rising. Water is now warm. It's a little more than what the frog enjoys; it becomes a bit tired, but it doesn't panic. Water is now really warm. The frog finds that unpleasant, but it has also become weak, by now, so the frog stands the heat as it can and does nothing. The temperature will thus keep rising up to the moment the frog will simply end up being cooked and die, without ever extracting itself from the pot.

Wir beschließen etwas, stellen das dann in den Raum und warten einige Zeit ab, was passiert... Wenn es dann kein großes Geschrei gibt und keine Aufstände, weil die meisten gar nicht begreifen, was da beschlossen wurde, dann machen wir weiter - Schritt für Schritt, bis es kein Zurück mehr gibt.

Gutta cauat lapidem, consumitur annulus usu,
atteritur pressa uomer aduncus humo.


Il 5 agosto 2011, la Banca Centrale Europea (a firma franco-italiana) squarcia definitivamente i residui lacerti della nostra supposta sovranità nazionale e spiega per filo e per segno al nostro governo cosa sia tenuto a fare. Nel testo, breve ma denso, si legge anche questo: "il Consiglio direttivo della Banca centrale europea... ha discusso la situazione nei mercati dei titoli di Stato italiani... Ritiene che sia necessaria un'azione pressante da parte delle autorità italiane per ristabilire la fiducia degli investitori... [e] che l'Italia debba con urgenza rafforzare la reputazione della sua firma sovrana e il suo impegno alla sostenibilità di bilancio e alle riforme strutturali... Nell'attuale situazione, riteniamo essenziali le seguenti misure...: a) è necessaria una complessiva, radicale e credibile strategia di riforme, inclusa la piena liberalizzazione dei servizi pubblici locali e dei servizi professionali...;  b) c'è anche l'esigenza di riformare ulteriormente il sistema di contrattazione salariale collettiva, permettendo accordi al livello d'impresa in modo da ritagliare i salari e le condizioni di lavoro alle esigenze specifiche delle aziende e rendendo questi accordi più rilevanti rispetto ad altri livelli di negoziazione...; c) dovrebbe essere adottata una accurata revisione delle norme che regolano l'assunzione e il licenziamento dei dipendenti... [Inoltre], il Governo ha l'esigenza di assumere misure immediate e decise per assicurare la sostenibilità delle finanze pubbliche... [e di] prendere immediatamente misure per garantire una revisione dell'amministrazione pubblica allo scopo di migliorare l'efficienza amministrativa e la capacità di assecondare le esigenze delle imprese...".
Essendo segretissima, ne abbiamo ovviamente anche la fotocopia.




Poiché il governo allora in carica non volle, o non seppe, eseguire gli ordini (o, come dicono quelli à la page, implementare il piano), fu simpaticamente destituito in una notte di follie, e rimpiazzato con i successivi tre esecutivi: il Monti I (di Monti, supportato da PD e PDL), il Monti II (feat. Enrico Letta, supportato da PD e PDL sotto alfaniane spoglie) e il Monti III (feat. Matteo Renzi, supportato dal PD versione nazareno, causa liquefazione del centro-destra).
I quali, obiettivamente, sono stati piuttosto solerti, soprattutto in materia di liberalizzazioni, riduzione della spesa pubblica, a tutto vantaggio del profitto privato (riforma Fornero delle pensioni), licenziamenti facili (ancora la Fornero piagnens, mediante cancellazione de facto dell'art. 18 dello Statuto dei lavoratori), assunzioni senza impegno tipo acquisto di materassi da Mastrota (se sei all'antica hai il contratto a tutele crescenti, se sei più moderno i voucher), attenzione sempre maggiore alla contrattazione di secondo livello (Jobs Act).
In questo blog, di queste cose, si è scritto fino alla nausea.
D'altronde, pare che fosse l'unico modo per rendere il nostro sistema istituzionale, economico e sociale un po' meno bolscevico e, dunque, un po' più attrattivo (come l'Irlanda, per capirsi. O forse è l'esempio sbagliato?).
Il testo integrale delle elucubrazioni di JP Morgan (di maggio 2013... son passati 2 anni dalla letterina di cui sopra) lo trovate qui. Per comodità, comunque, riporto qualche breve estratto.




L'incipit relativo alle riforme costituzionali, invece, lo copio proprio: "at the start of the crisis, it was generally assumed that the national legacy problems were economic in nature. But, as the crisis has evolved, it has become apparent that there are deep seated political problems in the periphery, which, in our view, need to change if EMU is going to function properly in the long run. The political systems in the periphery were established in the aftermath of dictatorship, and were defined by that experience. Constitutions tend to show a strong socialist influence, reflecting the political strength that left wing parties gained after the defeat of fascism. Political systems around the periphery typically display several of the following features: weak executives; weak central states relative to regions; constitutional protection of labor rights; consensus building systems which foster political clientalism; and the right to protest if unwelcome changes are made to the political status quo. The shortcomings of this political legacy have been revealed by the crisis. Countries around the periphery have only been partially successful in producing fiscal and economic reform agendas, with governments constrained by constitutions (Portugal), powerful regions (Spain), and the rise of populist parties (Italy and Greece)".

[Apro parentesi.
Abbiamo visto il disinteressato tentativo di JP Morgan di salvare Montepaschi. Certo, col famoso piano la banca raccatterà qualche centinaio di milioni in commissioni, ma insomma non è questo il punto! Il punto vero era che JP Morgan, se fosse stato solo per Dimon e per Renzi, la banca la risanava e poi se la comprava da sola...


......come arma di ricatto, diciamo......
Cioè, tradotto in fine analisi politica:
Ed è per questo, e solo per questo, cioè soltanto per questo, che i sullodati consulenti pretendono che l'aumento di Mps si tenga dopo il referendum: altrimenti la minaccia viene meno.
Chiusa parentesi].

Si arriva più o meno all'attualità.
I diritti dei lavoratori sono stati massacrati, tra l'altro col consenso dei sindacati che dimostrano, una volta di più, o di non capire o di essere venduti ai vertici (o probabilmente tutte e due le cose).
Basta leggere questo incredibile storify:
Resta solo il problema di questo maledetto contratto collettivo nazionale, quello - per capirsi - che fissa le retribuzioni in contraddittorio fra due parti entrambe dotate di significativa forza contrattuale, quello che - in più di un'occasione - la giurisprudenza di merito e di legittimità ha riconosciuto come parametro per la determinazione della "adeguata" retribuzione a norma dell'art. 36 della Costituzione. Matteo, che evidentemente si ispira a Attila re degli Unni e vuole dunque far vedere di riuscire anche dove gli altri prima di lui hanno fallito, parte lancia in resta.
Qualche apertura inizia a crearsela col Jobs Act. L'art. 51 del D. Lgs. n. 81 del 2015 recita testualmente: "per contratti collettivi si intendono i contratti collettivi nazionali, territoriali o aziendali stipulati da associazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale e i contratti collettivi aziendali stipulati dalle loro rappresentanze sindacali aziendali ovvero dalla rappresentanza sindacale unitaria".
Questa norma, dirompente, si salda peraltro a quanto già prodotto dal tandem Berlusconi-Brunetta nel 2011 (art. 8, D.L. n. 138/2011), di cui si è già parlato: "i contratti collettivi di lavoro sottoscritti a livello aziendale o territoriale... possono realizzare specifiche intese con efficacia nei confronti di tutti i lavoratori interessati a condizione di essere sottoscritte sulla base di un criterio maggioritario relativo alle predette rappresentanze sindacali, finalizzate alla maggiore occupazione, alla qualità dei contratti di lavoro, all'adozione di forme di partecipazione dei lavoratori, alla emersione del lavoro irregolare, agli incrementi di competitività e di salario, alla gestione delle crisi aziendali e occupazionali, agli investimenti e all'avvio di nuove attività... Le specifiche intese... possono riguardare la regolazione delle materie inerenti l'organizzazione del lavoro e della produzione con riferimento: a) agli impianti audiovisivi e alla introduzione di nuove tecnologie; b) alle mansioni del lavoratore, alla classificazione e inquadramento del personale; c) ai contratti a termine, ai contratti a orario ridotto, modulato o flessibile, al regime della solidarietà negli appalti e ai casi di ricorso alla somministrazione di lavoro; d) alla disciplina dell'orario di lavoro; e) alle modalità di assunzione e disciplina del rapporto di lavoro, comprese le collaborazioni coordinate e continuative a progetto e le partite IVA, alla trasformazione e conversione dei contratti di lavoro e alle conseguenze del recesso dal rapporto di lavoro... Fermo restando il rispetto della Costituzione, nonché i vincoli derivanti dalle normative comunitarie e dalle convenzioni internazionali sul lavoro, le specifiche intese... operano anche in deroga alle disposizioni di legge che disciplinano le materie richiamate... ed alle relative regolamentazioni contenute nei contratti collettivi nazionali di lavoro".

(Bada! Queste fantomatiche intese andavano a incidere soprattutto su materie la cui regolamentazione è stata spazzata via dal Jobs Act. Proprio un caso buffo!).

Nel frattempo, Matteo manda avanti l'ariete Poletti (qui un esempio fra mille) col bastone......


......mentre lui - sin dall'anno precedente - esibisce la carota del salario minimo (grande invenzione: siccome se è troppo alto porta al lavoro nero, normalmente è fissato troppo basso, in modo da diventare - con gaudio degli imprenditori imbecilli - il salario più diffuso. Chiedere in Portogallo per maggiori informazioni).


Poi, per un po', aspetta. Applica il metodo Juncker.
Come ballon d'essai, manda avanti i professori, nella fattispecie il fratello di Ichino, Tito Boeri e Enrico Moretti, tutti arrotondati ad una tavola del Festival dell'economia (ormai festival di tal fatta si sprecano; io preferivo la sagra del cinghiale, ma questo passa il convento). Il dibattito - il cui titolo era già tutto un programma: divari territoriali e contrattazione: quando l'uguale diventa disuguale - è l'ennesima occasione per "svuotare di fatto il principio della solidarietà fiscale, che aveva costruito la base dello stato sociale, rovesciando la funzione del fisco da garante dell’esercizio dei diritti costituzionali (salute, istruzione, accesso ai beni pubblici) a guardiano degli interessi dell’impresa. La richiesta di rovesciare i meccanismi redistributivi a vantaggio degli interessi forti è un suggerimento al governo a continuare quella politica di riforme, a quanto pare solo abbozzata con il Jobs Act e la proposta di riforma della Costituzione. La prospettiva assume quindi i tratti di un tentativo di ridefinire un nuovo impianto costituzionale, che prevede la 'messa a valore' del pubblico e lo spostamento dell’esercizio della sfera di giurisdizione dallo stato al mercato, il solo che competerà nella definizione dei diritti stessi dei cittadini" (così in un ottimo articolo Marta e Simone Fana). 

Nessuna reazione. Si va avanti.
La scusa è proprio buona.
Addirittura una catastrofe naturale e la necessità di più flessibilità per la ricostruzione (che, tradotto, significa: dare all'Europa i nostri soldi e poi chiederne indietro una minima parte sotto forma di elemosina; immagino che nei regimi coloniali funzioni così).

[Parentesi.
Ovviamente, ci danno anche un piano B. Cioè la distruzione del nostro sistema economico e finanziario, sia pubblico sia privato.
(Ricordo, così tra parentesi, che quest'ultima ideona è stata sponsorizzata ai più alti livelli da alcuni professoroni di supposta nazionalità italiana. Devono avere abolito gli artt. 241 e ss. del codice penale senza che me ne sia accorto. Se no non si spiega).
Chiusa parentesi].

Insomma, dopo 5 anni l'argomento può essere messo tranquillamente all'ordine del giorno, nessuno si scandalizza, nessuno alza le barricate (meno che mai i sindacati). La rana è bollita. Svenderemo anche quest'ultimo pezzo di civiltà del diritto e tanti saluti.

Una lezione e un avvertimento.

LEZIONE.
I viceré italiani sono tollerati dalla potenza coloniale finché sono funzionali a un progetto. A tal fine, devono tirare sempre più la corda, sia pure con l'accortezza di non farsi accorgere troppo, finché la corda si rompe.
Quando la corda si rompe, il viceré è sostituito.
Pertanto: (i) lottiamo per evitare ogni arretramento nella tutela dei diritti sociali, anche il più piccolo, perché ad ogni passo indietro farà seguito un altro, maggiore; (ii) dividersi tra Renzi e minoranza PD o tra Renzi e Di Maio è ridicolo, semplicemente perché accanirsi contro una persona e sperare in un'altra è appunto funzionale al meccanismo di progressiva distruzione del nostro sistema sociale e costituzionale.

AVVERTIMENTO.
Occhio, perché il metodo Juncker ora si sta applicando alla Troika. Se rileggete il blog vedete che tante volte ha fatto capolino.
Ma ora siamo già molto molto molto avanti.