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lunedì 8 agosto 2016

Fate tardi! (Montepaschi #3)

Non mi dilungo particolarmente in merito al fatto che il così detto "piano di salvataggio" di Montepaschi, l'opzione "di mercato", in realtà non solo non salverà alcunché, ma neppure può essere definita di mercato.
Se infatti Il Sole 24 Ore, una volta tanto, la racconta giusta, pare che ad Atlante II contribuiscano per 750 milioni la Cassa Depositi e Prestiti e la SGA (cioè la società, ora pubblica, che ha curato il recupero dei crediti inesigibili del Banco di Napoli, una antesignana delle attuali bad bank che, fra l'altro, negli ultimi anni ha guadagnato un bel po' di quattrini), mentre mezzo miliardo potrebbe venire dai soliti noti, cioè Intesa, Unicredit (che, peraltro, qualche problemino in proprio ce lo ha) e Generali. Anche aggiungendo un miliardo non speso da Atlante I, la quota di quattrini "pubblici" o "para-pubblici" nel fondo è ben al di sopra del massimo consentito (in sostanza, il 20% del totale del fondo, mentre qui siamo a circa un terzo).
Tra l'altro, per arrivare al minimo sindacale necessario per acquistare gli NPL di Montepaschi, manca secondo me un altro miliardo (sebbene i gestori di Atlante abbiano ufficialmente affermato il contrario). Il fatto che, per ora, le Casse di previdenza si siano smarcate dall'operazione in effetti non aiuta (faccio un'ipotesi: io credo che alla fine aderiranno. Come Esaù, si venderanno chiedendo in cambio che siano accantonate le minacce di liberalizzazione di certi settori - punto tanto caro alla BCE ai tempi della letterina a Berlusconi - e che siano completamente privatizzate, in modo da permettere stipendi faraonici ai simpaticoni che le presiedono).
Che poi ci sia un qualche istituto di rating pronto a certificare che più dei due terzi delle sofferenze del Monte possano essere cartolarizzate con la garanzia della GACS, penso serpeggi più di un dubbio. Se così non fosse, ovviamente, anche il prezzo di acquisto degli NPL ventilato sui giornali in questi giorni subirebbe un brusco ridimensionamento.
Poi, una volta sistemata questa operazione, dovrebbe scattare - a fine anno, diciamo - l'aumento di capitale, praticamente una barzelletta. Se infatti non fosse tragico, sarebbe sicuramente comico pensare che ci siano investitori pronti a mettere cinque miliardi in una banca che (pur con molti NPL in meno) certo non ha risolto i suoi problemi (che, ribadiamolo, sono problemi soprattutto di redditività). Il cerino resterà in mano al consorzio di garanzia - Mediobanca, J.P. Morgan, Bank of America Merrill Lynch, Citi, Credit Suisse, Deutsche Bank, Goldman Sachs e Santander - che però, per il momento, non si è impegnato in modo definitivo a sottoscrivere le nuove azioni.
Guarda caso.
Oppure, e secondo me è assai più probabile, resterà i mano a soci e obbligazionisti subordinati della banca, che esploderà in faccia a Renzi o a chi ci sarà, allora, al posto suo. Con buona pace del signore qui accanto (da  Milano Finanza), e delle sue sicurezze.
In ogni caso, il puzzo dell'ammuina si sente lontano un chilometro.
Per chi non ci credesse, rimando a questo ottimo articolo - documentato, chiaro, esaustivo - di Palombi sul Fatto Quotidiano.
Poi c'è lo psicodramma Unicredit che, come si sa, non ha sostanzialmente passato gli ultimi stress test nel caso di "scenario avverso".
La Banca deve fare un aumento di capitale molto significativo, di 5 miliardi (se si presume un tasso di coverage degli NPL al 67% e degli altri crediti problematici al 40%, come per Montepaschi) o - assai più probabilmente - di 7 miliardi (con coverage degli NPL a poco meno dell'80% e degli altri crediti problematici oltre il 30%, che sono gli standard di mercato al momento).
Questi soldi, insomma, servono.
Ma l'aumento non si fa subito. Si aspetta gennaio o febbraio prossimi, addirittura dopo Mps.
Perché?
La versione ufficiale è che l'esatto ammontare dell'aumento possa essere stimato soltanto dopo la cessione di alcuni gioielli della corona, Pekao (secondo gruppo bancario polacco) e Fineco (banca multicanale con una solida rete di promotori finanziari), la quotazione in borsa di Pioneer (società di asset management che doveva essere fusa con la sua omologa controllata da Santander, prima che tutta l'operazione finisse inopinatamente in vacca), la fine della vicenda relativa allo scorporo di parte delle attività di Bank Austria (per la successiva vendita di quello che resta).
Non solo: per rendere il tutto più fumoso si parla anche di un convertendo da un paio di miliardi che permetterebbe di spostare nel tempo l'aumento, riducendo anche la diluizione, inevitabile, delle fondazioni bancarie (che in primo luogo non hanno soldi, in secondo devono rispettare il vincolo del 30% imposto, a buoi ampiamente scappati, da quel sovrano illuminato dell'Acri che è Giuseppe Guzzetti). I risultati di un'operazione del genere si possono immaginare...
Anche qui, il puzzo dell'ammuina è quasi mefitico.
E prende anche un non so che di molto sinistro, ove si consideri il ruolo di Mediobanca, "garante italiano" dell'aumento Mps, che tanto italiano potrebbe non esserlo più, se Mustier per guadagnare altro tempo decidesse di disfarsi anche della quota che Unicredit ha in MB.
Se poi a questo aggiungiamo l'inerzia del governo rispetto ai rumors che vorrebbero una fusione fra Axa e Generali sotto l'egida di Bolloré, con conseguente perdita dell'ultimo player internazionale davvero nostro, si capisce come siamo messi (male).



Ancora un esempio (grazie a Patrizia Grilli che me lo ha fatto ricordare).
Vi ricordate la questione? Prima le quattro banche dovevano essere vendute entro aprile (ma era segreto). Poi dovevano essere cedute entro settembre (ma era segretissimo). Ora si ricomincia. In modo da regalarle entro la fine dell'anno (e non è un segreto per nessuno).
Questo solo per quello che riguarda il settore bancario e assicurativo.
Ma si potrebbero portare un altro milione di esempi.
E tutto questo, perché?

PERCHÉ A OTTOBRE (O NOVEMBRE, O DICEMBRE) C’È IL REFERENDUM COSTITUZIONALE E DUNQUE RENZI, DA STATISTA QUALE È, PUR DI VINCERLO HA DECISO DI BLOCCARE UN INTERO PAESE IN UN MOMENTO ECONOMICAMENTE E POLITICAMENTE DRAMMATICO DELLA SUA STORIA.

Se ne è accorto anche Travaglio...
L'unico che si sta cercando di ritagliare il ruolo da "profeta di sventura" (mentre invece, sorprendentemente, Banca d'Italia continua col refrain per cui "va tutto bene, madama la marchesa", e scrive addirittura, apertamente, di "ripresa") è Padoan, ma va capito poverino, lui ha già la valigia in mano verso lidi più al riparo dal processo democratico.
Intanto il tempo passa. La situazione si deteriora sempre di più. E già si intravede dove andremo a parare: arriverà l'ESM e saremo noi a chiamarlo (d'altro canto, le potenze straniere, a partire da Roma in avanti, hanno sempre operato così per annettersi nuovi territori...). La lotta è solo per stabilire chi sarà il viceré di questo ex Stato sovrano, lo stesso Renzi - che, diciamocelo, altro non è che un Quisling, o uno Tsipras, qualunque - oppure Di Maio.

E L'ESM, REPETITA IUVANT, ALTRO NON È CHE LA TROIKA, CIOÈ QUELLA SIMPATICA ACCOLITA DI ISTITUZIONI CHE HA RIDOTTO ALLA FAME UN PAESE, UN PO’ PER FAR RIENTRARE DEI PROPRI CREDITI FOLLI BANCHE FRANCESI E TEDESCHE, E UN PO’ – IN FONDO - ANCHE PER DIVERTIMENTO (MICA CAPITA TUTTI I GIORNI DI POTER SPERIMENTARE DAL VIVO).

L'ho già scritto qui e qui.
Ora lo dice anche il giornale.
(Bini Smaghi è questo). 

Da Fate presto! a Fate tardi!. Il risultato però è sempre quello.

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