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martedì 16 febbraio 2016

Cedere sovranità al sud... in cambio di flessibilità al nord (paradossi ai tempi dell'Europa)

Oggi Marione Draghi ha parlato in audizione di fronte al Parlamento Europeo. Il prossimo 18 febbraio vi sarà il Consiglio Europeo che dovrebbe approvare una "raccomandazione sulla politica economica dell'Eurozona". Ai primi di marzo ci sarà il Consiglio della BCE.
In questo mese, dunque, si gioca molto del futuro dell'Euro, probabilmente dell'Unione Europea, e comunque di tutti noi.
Cosa ha detto oggi Draghi? Come al solito, oltre ad amenità varie ("è colpa delle economie emergenti", "per far ripartire l'economia servono meno tasse e più investimenti pubblici", la già celebre "l'Euro ha un futuro ma dovremo lavorarci", e così via filosofeggiando) molto o poco a seconda delle interpretazioni.
Leggo per esempio su Milano Finanza che ha escluso assolutamente acquisti da parte della BCE di crediti deteriorati di banche italiane, pur aggiungendo che le sofferenze, sotto forma di ABS, potrebbero essere accettate a collaterale nel quadro del programma di Quantitative Easing (QE) della Banca Centrale. Si riferiva soltanto alle tranche senior (v. qui), oppure anche alle junior, con ciò aprendo ad una revisione dei limiti di rating (attualmente: BBB-) dei titoli collateralizzabili? Certo, da alcuni non è stato preso bene... soprattutto dal punto di vista della coerenza.
Su Repubblica, sottolineano soprattutto che, per Draghi, "non ci sarà una Basilea IV" (cioè, in sostanza, la richiesta di ulteriori capitalizzazioni alle banche) e la questione dei Titoli di Stato da non considerare più risk-free "dovrà essere affrontata con molta ponderazione e gradualismo", non tanto a livello UE, ma globale da parte del Comitato di Basilea. Affossamento dell'idea? Oppure ennesima applicazione del metodo-Junker?
Parecchia fuffa...
...ma anche un paio di messaggi chiari. Uno sulla politica monetaria, che è stata e resterà accomodante, fino a nuovi eventuali strumenti da mettere in campo a marzo (utilissimi come i precedenti, si immagina). Il secondo ha riguardato il bail-in: "le regole sono appena entrate in vigore, si pensa già a una loro revisione: mi pare un po' difficile". E questo anche se "la responsabilità spetta alla Commissione e all'Autorità unica di risoluzione delle crisi". Amen.
Infatti...

Cerchiamo di fare un po' il punto.

La situazione finanziaria in generale e bancaria in particolare è più grave che mai. Ripeto: più grave che mai. Per chi non avesse capito: siamo messi peggio che nella crisi del 2010-2012, quando l'Eurozona è riuscita a non andare in pezzi soltanto creando il MES (neo-istituzione permanente istituita per trattato intergovernativo, con capitale di 700 miliardi di Euro, di cui 500 prestabili agli Stati che ne facciano richiesta, previa sottoscrizione da parte di questi del c.d. "Fiscal Compact" e di Memorandum di intesa con la Troika) e dando inizio all'OMT (acquisto diretto, da parte della BCE, di Titoli di stato emessi da Paesi in difficoltà che hanno attivato un programma di aiuti con il MES: si tratta del famoso whatever it takes) e al Quantitative Easing.
A questo giro, si sta preparando la tempesta perfetta, perché tutti i nodi stanno venendo al pettine, e tutti assieme: (i) le banche soffrono problemi di liquidità a causa delle forti sofferenze indotte da quasi dieci anni di crisi economica e scarsa capitalizzazione, vuoi per le previste perdite su crediti, vuoi per le esorbitanti esposizioni in derivati, vuoi per la  necessità di sostituire titoli subordinati ormai troppo costosi dopo l'introduzione (e l'improvvida implementazione) del bail-in; (ii) gli spread dei Paesi del Sud stanno nuovamente risalendo; (iii) è ormai chiaro che il QE non funziona assolutamente da stimolo né per l'inflazione, né per l'economia.
Tanto per dire:

Molti analisti riterrebbero utili, a questo punto, nuove misure straordinarie, e alcuni hanno anche francamente apprezzato il tentativo del governo italiano di porsi in contrasto con la leadership tedesca, i cui risultati fallimentari sono sotto gli occhi di tutti.
Hanno anche avanzato alcune proposte.
Perché non approvare, anche in Europa, il TARP (acronimo di Troubled Asset Relief Program, fondo del Tesoro americano costituito per l'acquisto di titoli garantiti da ipoteche - i c.d. MBS, particolarmente rischiosi - al fine di ridurre gli effetti dello scoppio della bolla dei sub-prime) così come accaduto negli Stati Uniti?
A questo Draghi non si è spinto, ma ha parlato di rendere eleggibili a collateral delle operazioni di QE gli ABS che saranno emessi dalle banche italiane che utilizzeranno la GACS (per una breve spiegazione, v. qui).
Perché non aumentare il grado di mutualità dell'Eurozona? Perché non ridurre gli impatti del bail-in mediante una sua sospensione, o comunque una riduzione dei suoi devastanti impatti? Perché non permettere alla BCE, quanto meno, di comprare le obbligazioni senior delle banche? Ma soprattutto: perché - semplicemente - non approvare la Garanzia Unica dei Depositi, ultimo pilastro di una riforma nata monca e, come tale, pericolosa a livello sistemico?
Secondo gli analisti, si tratta di misure attuabili anche nell'attuale quadro politico europeo, a patto però... di ulteriori cessioni di sovranità da parte degli Stati. Retro-pensiero: il Nord aiuta il Sud, ma il Sud si fa controllare dal Nord. Come? Va da sé, con l'introduzione del mitologico Ministro delle Finanze unico. Ora, questa figura, come una specie di Giano Bifronte, è già stata tirata per la giacchetta da tutte le parti: è il guardiano del rigore e delle riforme (Germania), è colui che finalmente utilizzerà le risorse dell'Unione per un armonico piano di sviluppo del Continente (Italia, ma soprattutto l'ineffabile Letta). Il bello è che, per chi opera sui mercati, la cosa è indifferente: in un caso, ci saranno le tanto amate riforme, nell'altro crescita. Interesse anche minimo per i risultati di queste alchimie sui popoli europei? Nullo.

++ Il ragionamento è chiaramente fallace (per noi). Infatti l'Italia, o la Spagna, o il Portogallo subiranno un'ulteriore drastica riduzione dei propri spazi di manovra fiscale ed economica, in cambio di un alleggerimento sul divieto di Aiuti di Stato quel tanto che basta per risistemare gli Istituti del Nord, prima fra tutte la Banca con il buco intorno (che già, ad onor del vero, si sta muovendo in modo alquanto spregiudicato...).
Le nostre resteranno comunque sotto schiaffo: via spread, o via bail-in (anche qualora fosse un po' attenuato), o - come arma di distruzione finale - tramite la modifica delle disposizioni sul trattamento dei Titoli di Stato detenuti in bilancio. ++
E tutto questo, al solito, a dimostrazione di una impreparazione tecnica e politica della nostra classe dirigente veramente incredibile. Matteo - che dopo essere stato in Africa ora è in Argentina: ma che pensa, di essere Magellano? - batte i pugni sul tavolo (e tutto sommato fa bene, ammesso che il tavolo esista), ma intorno a lui non c'è nessuno - nessuno - che abbia le competenze e i ruoli per supportare quello che sembra, da qualunque parte lo si guardi, un tentativo molto velleitario (anzi, come detto, molto probabilmente soggetto a clamorosa eterogenesi dei fini).
A dimostrazione...
Sì perché, al di là delle frasi di circostanza di Draghi, l'idea della necessità di rompere il legame fra Titoli di Stato e sistema bancario, soprattutto in certi Paesi come l'Italia, è ormai all'ordine del giorno, in particolare per la grande pressione, in proposito, della Germania. Per due ragioni: (i) pone l'attenzione su un singolo problema, che funziona però come un grande tappeto per nascondere la polvere delle banche del Nord (rischi di mercato esorbitanti, derivati in quantità folle, emissioni generose di titoli subordinati e chi più ne ha più ne metta); (ii) parallelamente, creando tensione sugli spread dei Titoli dei Paesi della periferia, aumenta la raccolta e la solidità dei Paesi del centro e, per via mediata, delle sue banche.
Ma la cosa più bella è la motivazione che i tedeschi danno a base della proposta: i Titoli di Stato sono risk-free nei Paesi con sovranità monetaria; ma siccome i Paesi dell'Eurozona hanno una moneta comune e devono rispettare specifiche regole previste dai Trattati, non possono né ridurre il proprio debito per via inflattiva, né monetarizzarlo (per spiegazioni vi rimando a Alberto Bagnai, qui e qui). Detto in altri termini: siete entrati nell'Euro e vi siete stretti al cappio al collo; non protestate se ora abbassiamo la botola.
Tra l'altro, è pronto anche il ricatto: ha detto pari pari Dijsselbloem che solo spezzando il nesso Titoli di Stato - Banche (del Sud) sarà possibile (per il Nord) accettare una Garanzia europea sui depositi.
Peraltro, ad oggi, nonostante il diverso rischio-Paese, i nostri Istituti non sono messi così male (salve le solite lodevoli eccezioni). Chi non ci crede può guardare qui sotto (il CDS di Intesa non è peggiore di quello di Credit Suisse o di Commerzbank ed è assai migliore di quelli di Deutsche Bank o delle banche spagnole).
Ora, l'idea di ridurre attorno al 25% del capitale il peso massimo dei Titoli di Stato nel portafoglio delle banche comporterebbe, ad andare bene, la perdita in media di un punto percentuale (100 bps., dicono quelli fichi) di CET1 (con effetti anche più devastanti su Mps o Ubi o, peggio ancora, Banco Popolare), una fortissima contrazione del margine di interesse, che non si gioverebbe più delle cedole staccate da questi Titoli, venduti, secondo stime abbastanza prudenziale, per oltre 150 miliardi di nominale (salvo il reperimento di altri impieghi altrettanto lucrosi... a parità di assorbimento di capitale) e, in ultima analisi, un probabile aumento dei rendimenti degli stessi (con conseguenti, ulteriori perdite patrimoniali e per le banche e per i risparmiatori che detengono BTP a medio termine: ricordo a questo proposito che, al contrario degli Istituti di altri Paesi, in Italia la maggior parte dei Titoli di Stato in portafoglio sono classificati AFS, dunque le variazioni del loro valore di mercato influenza immediatamente il CET1).
Vi rendete conto, sì? Nella migliore delle ipotesi: rialzo degli spread, cessioni in perdita di Titoli da parte delle banche, paura del bail-in, ritiro dei depositi, crisi sistemica, ricorso al MES, arrivo in pianta stabile della Troika. Nella peggiore: rialzo degli spread ... ecc. ecc. ..., downgrade dei Titoli italiani, impossibilità di utilizzo dei medesimi per il QE, terrore di bail-in, crisi sistemica, ricorso al MES, di nuovo: arrivo in pianta stabile della Troika.
Scegliete voi quale dei due scenari preferite.

2 commenti:

  1. Salve, io non ho capito: le banche saranno costrette a vendere titoli di Stato fino a che non raggiungono il 25% del loro capitale

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  2. Scusa il ritardo con cui pubblico il commento. Comunque sì, la proposta, se va in porto, è proprio questa. Considera che ad oggi molte banche italiane hanno BTP e altri Titoli di Stato in pancia per una volta e mezzo il loro capitale...

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