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giovedì 10 dicembre 2015

Le collaborazioni, come Lazzaro si alzano e camminano (grazie al Jobs Act)

Ricordo che, anche recentemente, un noto perito agrario assurto addirittura a Ministro della Repubblica (cosa che, fra l'altro, gli ha confermato una certa intuizione in ordine all'assoluta inutilità dello studio per riuscire nella vita... cosa serva invece capitelo da voi), un noto perito agrario - dicevo - sosteneva che il Jobs Act avrebbe avuto, come primo effetto, la stabilizzazione dei rapporti di lavoro, affetti nel nostro Paese da precariato cronico.
(Ci si potrebbe anche chiedere quali siano le cause di questa situazione. Forse qualcosa c'entrano la regolamentazione previdenziale dei contratti di collaborazione nel 1995, il Pacchetto Treu con relativo lavoro interinale e co.co.co. nel 1997, il Decreto n. 368 sui contratti a termine nel 2001, la Legge Biagi nel 2003, la Riforma Fornero nel 2012. Faccio sommessamente notare che si tratta di "riforme" decise, in egual misura, da governi di destra, di sinistra e tecnici. A dimostrazione che chi comanda, davvero, è sempre lo stesso e non sta a Roma).
Comunque, alla stessa conclusione di Poletti è arrivato anche il di lui capo, il quale, come è noto, per far capire al volgo come stanno le cose ama la sintesi di Twitter.
Ora, alcune cellule sovversive che continuano ad annidarsi in Europa paiono mostrare che le cose non stanno proprio così. Secondo tali cellule bolsceviche, il lavoro precario ("temporary employment") è aumentato in Italia, dal 1998 al giugno 2015 (cioè dopo l'entrata in vigore del Jobs Act), da meno dell'8% degli impieghi totali ("total employment") a quasi il 14% e che i giovani precari sono addirittura il 60% del totale dei lavoratori entro i 24 anni (nel 1998, erano circa il 20%). Ora, dire che questa ricerca dimostra l'inutilità della riforma renziana del lavoro mi sembra (ancora) un po' forzato, ma certo qualcosa - una tendenza - questi numeri l'indicano.
La cosa più interessante, tuttavia, è che, in fin dei conti, il dato non si modifica neppure nella seconda parte dell'anno, dopo l'introduzione del Jobs Act. Il grafico, sempre di Marta Fana, riportato qui accanto, mostra con particolare chiarezza la situazione.
Certo, soprattutto a giugno molti rapporti un po' border line sono stati trasformati in contratti a tempo indeterminato (nel senso che, dopo il D. Lgs. n. 23 del 2015, non si sa quanto durano), ma questo è avvenuto soltanto grazie alla significativa decontribuzione prevista dalla Legge di stabilità 2015 (peraltro l'art. 1, c. 83, d.d.l. Stabilità 2016 approvato al Senato prevede che il bonus per le nuove assunzioni con contratto di lavoro a tempo indeterminato si riduca da 3 anni a 2, con un tetto limite massimo di 3.250 Euro annui, invece degli attuali 8.060: vedremo nei prossimi mesi i flussi di nuovi TI...); non solo, il contratto precario per eccellenza (anzi, il non-contratto) che tanto piace a questo governo, il voucher, ha subito un'ulteriore impennata, tanto che ad agosto 2015 (agosto!) erano già stati venduti oltre 71 milioni di buoni.
Ora, i dati di Marta Fana - come una nota squadra di calcio della Capitale - non si discutono.
(Lei, da questo punto di vista, è bravissima. A volte, magari, si possono non condividerne le ricette).
Dicevo: i dati di Marta Fana non si discutono. Io, molto più prosaicamente, vorrei mostrare come il Jobs Act, al di là delle dichiarazioni di maniera, in questo senso non sta fallendo; anzi, è stato creato anche per permettere nuove sacche di precariato.
Dei voucher, oltre a parlarne sopra, si è già detto in altro post.
Che i contratti a tutele crescenti siano stabili solo per modo di dire, è ovvio.
In questo post vorrei dunque concentrarmi sulle collaborazioni coordinate e continuative. Dice: ma sono state abrogate! Risponde: eh no, è stato abrogato il lavoro a progetto, il che è ben diverso. Dice: e quindi? Risponde: siamo tornati, di colpo, al 1995.
Mi spiego. In principio fu l'art. 409 c.p.c., disposizione eminentemente processuale, che devolveva al giudice del lavoro, fra gli altri, anche i "rapporti di collaborazione che si concretizzino in una prestazione di opera continuativa e coordinata, prevalentemente personale, anche se non a carattere subordinato". Prassi e giurisprudenza definirono, col tempo, la figura giuridica: requisiti tipici della collaborazione coordinata e continuativa erano (e sono) l’autonomia (il collaboratore decide autonomamente tempi e modalità di esecuzione della commessa, ma non impiega mezzi propri: diversamente, si tratterebbe di lavoro autonomo professionale), la continuità (intesa come permanenza nel tempo del vincolo di parasubordinazione: diversamente, si tratterebbe di lavoro autonomo occasionale), il potere di coordinamento con le esigenze dell’organizzazione aziendale esercitato dal committente, la prevalente personalità della prestazione.
Nel 1995, viene istituita la Gestione separata INPS: ai lavoratori coordinati e continuativi si applica una specifica disciplina previdenziale, che prevede il pagamento di contributi per due terzi a carico del committente e per un terzo a carico del collaboratore. Nel 2001, venuto meno anche il riferimento alla natura artistica della prestazione coordinata e continuativa, i relativi redditi non sono più considerati - fiscalmente - "lavoro autonomo", ma sono assimilati a quelli di lavoro dipendente.
Questa situazione diviene il paradiso della frode. Qualsiasi lavoro - anche il più routinario - trova la strada per trasformarsi in una co.co.co., che non solo sconta aliquote contributive più basse, ma neppure pone problemi di applicazione dell'art. 18 (quando ancora esisteva).
Su questo scandalo interviene la Legge Biagi.
(Per incidens, noto che la Legge Biagi, pur piena di difetti, aveva anche un sincero afflato anti-frode e anti-lavoro nero. Quello che ho scritto sulla storia dei voucher, per tanti versi simile a quella di cui ci occupiamo qui, sta a dimostrarlo. Invece le disposizioni di questo governo, oggettivamente, vanno nella direzione opposta. Intelligenti pauca).
In pratica, il D. Lgs. n. 276 del 2003 (modificato nei dettagli nel 2010 e nel 2012) lasciava invariata la precedente legislazione limitatamente ai pensionati, ai membri di C.d.A. o Collegi Sindacali o Commissioni, a sportivi e artisti, nonché ai rapporti strettamente occasionali (entro un mese e sotto i 5.000 Euro); per tutte le altre collaborazioni imponeva che le stesse fossero collegate a "uno o più progetti specifici determinati dal committente e gestiti autonomamente dal collaboratore", avendo cura di specificare che "il progetto doveva essere funzionalmente collegato a un determinato risultato finale e non poteva consistere in una mera riproposizione dell'oggetto sociale del committente". Per maggior chiarezza, si sottolineava che "il progetto non poteva comportare lo svolgimento di compiti meramente esecutivi o ripetitivi". In sostanza, si voleva evitare il proliferare di commesse e segretarie "collaboratrici".
O cosa ti combina il buon Renzi? All'art. 2, D. Lgs. n. 81 del 2015 spara subito la petizione di principio: "a far data dal 1° gennaio 2016, si applica la disciplina del rapporto di lavoro subordinato anche ai rapporti di collaborazione che si concretano in prestazioni di lavoro esclusivamente personali, continuative e le cui modalità di esecuzione sono organizzate dal committente anche con riferimento ai tempi e al luogo di lavoro" (con le consuete eccezioni: collaborazioni previste nei CCNL - leggi: co.co.co. nei call center -, professioni intellettuali, organi di amministrazione e controllo di società, sportivi).
Siccome, dopo cotanto principio , "il  contratto  di  lavoro  subordinato  a  tempo indeterminato" dovrebbe davvero costituire "la forma comune di rapporto di lavoro" (art. 1), l'art. 52, c. 1, può disporre che "le disposizioni... [sui contratti a progetto] sono abrogate...". Così, semplicemente.
Tutto bene? No.
Il sospetto ti viene quando leggi il c. 2 dell'art. 52: "resta salvo quanto disposto dall'articolo 409 del codice  di procedura civile.". Perché si è sentita la necessità di questa precisazione? Forse per spiegare meglio proprio la petizione di principio dell'art. 2. Le due disposizioni, in combinato disposto, finiscono infatti per suonare così: l'abrogazione del lavoro a progetto fa rivivere la precedente disciplina delle collaborazioni coordinate e continuative, le quali si distinguono dal lavoro subordinato soltanto per non prevedere un orario e (oppure: o?) una sede di lavoro fissi. Gli abusi, come ognuno ben capisce, si sprecheranno, soprattutto nel caso in cui quella "e" sarà letta come una disgiuntiva (sì, effettivamente, lei fa la segretaria, ma viene un po' quando le pare; è vero, guardi, lui mi timbra tutti i giorni il cartellino, ma mica ha una scrivania qui, davvero).
Comunque, per sicurezza, il Jobs Act si è anche preoccupato di inserire una norma ad hoc, che permette la certificazione preventiva, presso la DTL, dei singoli accordi individuali. Plastica rappresentazione giuridica della polvere sotto il tappetto. Per eventuali frodi precedenti, uguale: si applica l'art. 54 e tutto è perdonato.
Ora, a tacer d'altro, l'art. 66 della Legge Biagi disponeva in materia di gravidanza, malattia e infortunio del collaboratore, di igiene e sicurezza sul lavoro. Tutto questo, ora, è stato spazzato via. La situazione è, potenzialmente, così esplosiva, che nel corso di ottobre si è parlato di un nuovo intervento normativo (nel mitologico d.d.l. collegato alla Legge di Stabilità che avrebbe dovuto introdurre anche il "lavoro agile" e che, a quanto mi consta, per il momento è stato rimandato a gennaio, equivalente politico delle classiche calende greche) volto a estendere nuovamente ai co.co.co. alcune garanzie minime già previste per i lavoratori a progetto.
Ritorno al quesito iniziale. Possibile che non sia tutto voluto? Io credo di no. Dunque, dire che il Jobs Act non riduce la disoccupazione e il precariato è corretto, aggiungere che, pertanto, ha fallito nei suoi scopi lo è molto meno.
Lo inizia a capire anche quale politico di opposizione (sulla L. di stabilità, poi, ci torniamo).
Il Governo, invece, l'ha sempre saputo.


P.S.: Volevo segnalare questo, twittato qualche giorno dopo questo post...

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